Poems translated by Helen Wickes and Donald Stang, based on Giuseppe Villella’s original translation for the Canadian edition of To the South of Things – A sud delle cose (bilingual edition) – Institute of Italian Studies Lakehead University – Thunder Bay (Ontario – Canada), 2013.
BUDS FOR GRAFTING
What can be seen from outside
is only one
of our innumerable lives,
only one
of our cursed jobs.
As in some letters
begun with many mistakes,
from all our previous lives
we have torn out the pages
tossing them who knows where.
We have thousands of lives
that no one sees,
hidden in the bones,
in the hands callused by the hoe
and the pickaxes,
in the backs bent over the roofs
of thousands of houses
that will never
be ours.
We have silent lives
full of dignity,
that no one has ever heard about.
We have been merchants,
chemists and engineers,
farmers, smiths,
carpenters and nurses.
And one of us
was even a teacher
who taught children
to read fairy tales
and write their own names,
names which many now
no longer know how to pronounce.
Ours
is a recycled life,
like paper, glass,
and scrap iron.
Our clothes
smell of bitter tobacco,
of quicklime and cement;
they smell of sweat.
We are the rotten smell
on the bus,
we are the teeth
missing from a smile,
the wrong shirts
over woolen pants.
We are the flesh of the cargo,
the guts in the hold.
We are the blackness
of a night without stars,
fenced-in sheep
often kept under watch,
with jail if it comes to it.
We are abandoned cars
used as houses.
We are the crime news,
the scapegoat:
for everyone who makes a mistake,
thousands accuse us;
for the many taken advantage of,
and who work,
no one pardons us.
Therefore,
of our most recent life
we have once again
torn out the page
tossing it who knows where,
but for all our
future lives
we will again have hope
and the wish to laugh
and dance
and drink.
We will also have
the wish to write
and maybe one day,
perhaps on the last page,
we will even succeed
in doing it well.
***
And you,
as it is written,
don’t upset yourself
about the single tree
that the lightning strikes and uproots
with a huge racket,
but be pleased
instead
for all these other trees
in the woods,
that silently
continue to grow
and to make one, a hundred,
a thousand other lives.
Because today
we are the buds for grafting,
able to give good fruit,
even with other roots,
and on other branches.
LE GEMME DA INNESTO
Quella che da fuori si vede
è soltanto una
delle nostre innumerevoli vite,
soltanto uno
dei nostri maledetti mestieri.
Come per delle lettere
iniziate con molti errori,
di tutte le vite precedenti
ne abbiamo strappato le pagine
buttandole chissà dove.
Abbiamo migliaia di vite
che nessuno vede
nascoste nelle ossa,
nelle mani callose di zappa
e di piccone,
nelle schiene curve sopra i tetti
di migliaia di case
che mai saranno
nostre.
Abbiamo vite silenti
cariche di dignità
che nessuno ha mai ascoltato.
Siamo stati commercianti,
chimici e ingegneri,
contadini, fabbri,
falegnami e infermieri.
E qualcuno di noi
era perfino un maestro
che insegnava ai bambini
a leggere fiabe
e a scrivere il proprio nome,
quello che molti ora
non sanno più pronunciare.
La nostra
è vita riciclata,
come la carta, il vetro,
il ferro da buttare.
I nostri indumenti
sanno di tabacco amaro,
di calce e di cemento,
di sudore sanno.
Siamo l’odore guasto
sugli autobus,
siamo i denti mancanti
di un sorriso,
le camicie sbagliate
su pantaloni di lana.
Siamo carne da bastimento,
viscere di stiva.
Siamo il nero
di una notte senza stelle,
pecore da recinto,
sorvegliati spesso
al limite con la galera.
Siamo vagoni abbandonati
adibiti a case.
Siamo la cronaca nera
il capro espiatorio:
per qualcuno che sbaglia
migliaia ci accusano,
per tanti sfruttati
che lavorano
nessuno ci assolve.
Così,
della vita più recente
ne abbiamo nuovamente
strappato la pagina
buttandola chissà dove,
ma per tutte le nostre
vite future
avremo ancora speranza,
e voglia di ridere
e ballare
e bere.
Avremo ancora
voglia di scrivere
e magari un giorno,
forse sull’ultima pagina,
riusciremo
a farlo anche bene.
***
E voi,
come è scritto,
non lasciatevi turbare,
dal solo albero
che il fulmine abbatte e sradica
con grande frastuono,
ma compiacetevi,
invece,
per tutti quegli altri alberi
che nel bosco,
silenziosamente,
continuano a crescere
e a fare una, cento,
e mille altre vite.
Perché noi oggi
siamo gemme da innesto
capaci di dare buoni frutti
anche con altre radici
e su altri rami.
UNOCUMENTED
The laces
that tighten the shoes
get snarled,
and yielding,
along with them,
is that tenacious will
that always,
like a deep-set boulder,
has tied me to the earth.
My steps slacken
and I can’t find work
nor an address
nor a house.
I live
undocumented
but I live,
without a number
or a name,
I flee the lists,
the voices, the glances,
curious to know
or classify.
The laces
of my shoes
get snarled
and it little matters
(I’ll go back to walking
barefoot
as I did in childhood
on the streets
of my country);
but they loosen,
those strings
that keep a whole life
on its feet,
and I die,
a thousand times a day,
at every step
undocumented
I die.
CLANDESTINO
Si smagliano
i lacci
che stringono
le scarpe,
e cede
insieme a loro
quella volontà ostinata
che da sempre,
come roccia profonda,
mi incatena al suolo.
Si allentano i passi
e non trovo lavoro
né indirizzo
né casa.
Vivo,
clandestino
ma vivo,
e senza numero
né nome,
fuggo gli elenchi,
le voci e gli sguardi
curiosi di sapere
o catalogare.
Si smagliano
i lacci
delle mie scarpe
e poco importa
(tornerò a camminare
a piedi nudi
come da fanciullo
per le strade
del mio paese);
ma cedono
quelle stringhe
che tengono in piedi
la vita intera,
e muoio,
mille volte al giorno
ad ogni passo
da clandestino
muoio.
SONG OF THE NEW EMIGRANTS
For Franco Costabile
Don’t ask anything more!
We have locked away
our tears
using lock picks
of anger,
or nothing.
With shame,
we’ve closed
all our vowels,
the broad and coarse ones.
We have learned
to fold
life
into one suitcase,
to tidily
pack away
the soul
into a box.
We hold
books of hope
concealed in a briefcase.
We sing
our music by heart,
but we tap to the time
and answer to the rhythm
of whatever demand.
We turn
toward any name
on the map;
disembark
at the requested stops.
We pay what’s owed,
take the change,
and we are happy with that.
CANTO DEI NUOVI EMIGRANTI
(Omaggio a Franco Costabile)
Non chiedeteci altro!
Abbiamo serrato
le lacrime
con grimaldelli
di rabbia,
con niente.
Abbiamo chiuso
con vergogna
tutte le vocali
ampie e sgangherate.
Abbiamo imparato
a ripiegare
in una valigia
la vita,
a riporre
ordinatamente
l’anima
in una scatola.
Abbiamo
titoli di speranza
chiusi nella cartella.
Cantiamo
musiche a memoria.
Bussiamo a tempo
e rispondiamo al ritmo
di qualsiasi pretesa.
Svoltiamo
ad ogni nome
segnato sulla carta;
scendiamo
alle fermate richieste.
Paghiamo il giusto,
prendiamo il resto,
e basta.
FOREIGNERS
Courage, brothers
we will try
not to displease
our host,
we’ll be quiet
and will move carefully
without committing a crime.
We won’t shout in public.
We will live,
as tenants of the world.
We will greet people
according to language and custom,
will knock quietly
and ask permission
before we enter,
will smile at passersby
and keep our heads down.
We won’t request to speak
and won’t utter opinions,
and in silence we will pray
to our God.
We will give in
to the fool and to the boor.
And at last
when we return home
in all our infinite roughness
we will choose a tree
under which to grow old.
STRANIERI
Coraggio fratelli,
cercheremo
di non scontentare
chi ci ospita,
faremo piano
e ci muoveremo furtivi
senza commettere reato.
Non urleremo in pubblico.
Vivremo,
come inquilini del mondo.
Saluteremo
secondo la lingua e l’uso,
busseremo piano
e chiederemo permesso
prima di entrare,
sorrideremo ai passanti
e terremo bassa la testa.
Non chiederemo parola
e non pronunceremo opinione,
pregheremo in silenzio
il nostro Dio.
Acconsentiremo
allo stolto e al villano.
E quando finalmente
torneremo alle case,
nella nostra infinita rozzezza
sceglieremo un albero
sotto il quale invecchiare.
THE LITTLE TRAIN CLATTERS
From the heart of Rome
Porta Maggiore,
compass of water and marble,
faces the south of things
and shows the way.
The little train clatters
on the Casilina
with its load of starvation
and eastern spices.
Tor Pignattara,
iron and tar,
is the crossroads of the world.
No longer cargo holds
nor waves
nor rust buckets,
but straight road
shrieking and shaking
below the rails;
and at Grotte Celoni,
terminus for the poor,
waiting motionless,
there is another road
and all the patience
needed to travel it
without swearing.
Somewhere
one has at least something
that looks like a home.
Our prayers tonight
go to our other brothers,
to the hopes
embedded in the eyes of those who,
off the coast of Lampedusa,
were swallowed by the sea instead.
Would that love were enough
to give rise to love!
IL TRENINO SFERRAGLIA
Dal cuore di Roma
Porta Maggiore,
bussola di acqua e di marmo,
guarda al sud delle cose
e indica il cammino.
Il trenino sferraglia
sulla Casilina
col suo carico di digiuno
e di spezie orientali.
Tor Pignattara,
ferro e catrame,
è incrocio del mondo,
non più stiva
né onde,
né carretta del mare,
ma strada dritta
che stride e trema
sotto le rotaie;
e a Grotte Celoni,
capolinea dei poveri,
ad attendere immobile
c’è altro cammino
e tutta la pazienza
necessaria a percorrerlo
senza inveire.
Da qualche parte
si ha almeno qualcosa
che somiglia ad una casa.
La preghiera
stasera
è per altri fratelli,
per quelle speranze
impresse negli occhi
che a largo di Lampedusa
sono state invece
inghiottite dal mare.
Bastasse amare
per far nascere amore!
Pasqualino Bongiovanni, born in 1971 in Lamezia Terme (Calabria, Italy), is an award winning poet and musicologist, with a degree in Humanities from the University “La Sapienza” in Rome. He teaches Italian and classical guitar. As a poet he published his first work, A sud delle cose, in Rome in 2006; a collection of poems with an introductory note by acclaimed Italian writer Mario Rigoni Stern (1921-2008). The collection has been then translated into Spanish by José M. Carcione and published in Argentina in a bilingual edition with the title Al sur de las cosas (Buenos Aires, 2012). In 2013, it was translated into English by Giuseppe Villella and published in Canada in a bilingual edition with the title To The South of Things. Currently, Marie Marazita is working on the French translation. A new edition in Italian accompanied by an audiobook with the voice of the actress Aurora Cancian is under way by Lebeg editions, as is e-book with the English translation made by Giuseppe Villella.
e-mail: info@pasqualinobongiovanni.it web: www.pasqualinobongiovanni.itpublications: http://www.pasqualinobongiovanni.it/pubblicazioni/
Featured image: Photo by Melina Piccolo.